Sappiamo bene che Garibaldi non fu affatto il conquistatore straordinario di cui si è a lungo parlato e che il mito della sua invincibilità fu creato ad arte ancora prima che egli ritornasse, dall’America, in Italia.
Giuseppe Garibaldi nacque a Nizza il 4 luglio 1807 e mori a Caprera il 2 giugno del 1882. In maniera molto sintetica cercherò di svelare alcune verità sul suo conto che i libri di scuola e di storia di alcuni decenni fa, non ci hanno mai raccontato.
Garibaldi, nel 1834, fu condannato a morte, insieme al buon Mazzini a causa di un piano sovversivo per invadere la Savoia. Scappò a Marsiglia, poi Tunisi, per altri loschi affari. Dopo qualche mese Garibaldi si portò di nuovo a Marsiglia, dove si imbarcò come secondo sul brigantino Nautonier di Nantes diretto a Rio de Janeiro. Nell’estate del 1836 Garibaldi, però, accusato dalle autorità di Rio de Janeiro di traffici illeciti, assieme ad altri italiani fuorusciti, ricevette l’ordine di espulsione dal Brasile. L’avventuriero, allora, rubò una barca dal porto e, con gli altri suoi complici, tra cui Bento,si diede alla pirateria. Braccato dalla Marina brasiliana, si rifugiò nella provincia di Rio Grande dove guidò la rivolta contro la monarchia brasiliana. Cominciò così a saccheggiare le navi cattoliche-ispaniche e i villaggi rivieraschi, protetto dagli inglesi, i quali per suo mezzo raggiungevano cosi lo scopo di assicurare il monopolio commerciale all’impero britannico. Molte volte assalivano anche i villaggi interni dei contadini, facendo razzie, rubando oggetti di valore e stuprando le donne. Fu in questo periodo che incominciò a portare i capelli lunghi perché, avendo tentato di violentare una ragazza, questa gli aveva staccato l’orecchio destro con un morso. Alla fine di agosto del 1840 Garibaldi, intanto, conosceva Anita nel piccolo borgo uruguayano di Barra. Lei era già sposata con un tal Manuel Duarte, che abbandonò il 23 ottobre. Dopo qualche giorno Manuel Duarte mori di crepacuore, molto probabilmente anche a causa delle ferite causategli dai banditi garibaldini. Alla fine dell’anno una squadra navale brasiliana riuscì a intercettare ed a distruggere le navi corsare di Garibaldi. Costui, tuttavia, riuscì ancora a sfuggire, insieme ad Anita ed a pochi dei suoi filibustieri, rifugiandosi presso Bento. Garibaldi, cosi, insieme a lui, si diede a compiere ancora rapine e razzie di ogni genere, vanamente inseguito dai reparti governativi. Il 16 novembre, mentre si trovavano in sosta nel paese di Mustarda, Anita diede alla luce Menotti. Dopo l’estate del 1841, Garibaldi, con 900 bovini razziati nelle campagne, si separò da Bento e si diresse verso Montevideo in Uruguay, ma ricavò un centinaio di scudi. Rimasto senza denaro e del tutto inadatto a lavorare, fu aiutato da Anita, che per sostenere la famiglia si mise a fare la lavandaia. In quel periodo era, intanto, scoppiata la guerra tra Argentina e Uruguay. Durante questa guerra, a Garibaldi fu affidato, da parte del diplomatico inglese William Gore Ouseley, il comando di alcune navi, con le quali costituì una grossa banda formata quasi tutta da italiani, vestiti con una camicia rossa. Questa gente, per lo più disperata, dedita solo a rapine, si diede a compiere molti atti di violenza, a cui partecipava ben volentieri lo stesso Garibaldi, tanto che, dopo una efferata rapina da lui fatta in casa di un brasiliano, dovette essere destituito e imprigionato. La storia sarebbe troppo lunga da raccontare, gli episodi che caratterizzano un “eroe” ne sono pochi, anzi mancano… Quindi facciamo direttamente un salto temporale che ci porta alla famigerata “spedizione dei mille” che ne ha fatto un mito.
La spedizione non fu per niente improvvisa e spontanea, ma ben architettata, studiata a tavolino nei minimi dettagli e pianificata dalle massonerie internazionali, quella britannica in testa, che sorressero il tutto con intrighi politici, contributi militari e cospicui finanziamenti coi quali furono comprati diversi uomini chiave dell’Esercito borbonico al fine di spianare la strada a Garibaldi. Il Regno di Napoli e quello d’Inghilterra erano infatti alleati solo mezzo secolo prima, ma in condizione di sfruttamento a favore del secondo per via dei considerevoli vantaggi commerciali che ne traeva in territorio duosiciliano. Fu l’opera di affrancamento e di progressiva riduzione di tali vantaggi da parte di Ferdinando II a rompere l’equilibrio e a suscitare le cospirazioni della Gran Bretagna che si rivelò così un vero e proprio cavallo di Troia. Per questo fu più comodo per gli inglesi “cambiare” l’amicizia in inimicizia con lo Stato Borbonico, con un nuovo stato savoiardo alleato. Questi furono i motivi principali che portarono l’Inghilterra a stravolgere gli equilibri della penisola italiana, propagandando idee sul nazionalismo dei popoli e denigrando i governi di Russia, Due Sicilie e Austria. La mente britannica armò il braccio piemontese per il quale il problema urgente era quello di evitare la bancarotta di stampo bellico accettando l’opportunità offertagli di invadere le Due Sicilie e portarne a casa il tesoro. La spedizione garibaldina, per la storiografia ufficiale, ha il sapore di un’avventura epica quasi cinematografica, compiuta da soli mille uomini che salpano all’improvviso da nord e sbarcano a sud, combattono valorosamente e vincono più volte contro un esercito molto più numeroso, poi risalgono la penisola fino a giungere a Napoli, Capitale di un regno liberato da una tirannide oppressiva, e poi più su per dare agli italiani la nazione unita. Lo sbarco a Marsala e l’invasione del Regno delle Due Sicilie sono a tutti gli effetti un “gravissimo atto di pirateria internazionale”, compiuto ignorando tutte le norme di Diritto Internazionale, prima fra tutte quella che garantisce il diritto all’autodeterminazione dei popoli. Il fatto che nessuna nazione straniera abbia mosso un dito mentre avveniva e si sviluppava fa capire quale sia stata la predeterminazione di un atto così grave.
La storia ufficiale, nel raccontare le leggendarie imprese dei garibaldesi, ha trascurato tuttavia una cosa importante…cioè il fatto che Garibaldi fece patti e compromessi con mafia, camorra,’ndrangheta e cosa nostra, affinchè non intralciassero il processo di unità d’Italia. Le parole pronunciate dal medesimo Garibaldi a proposito della sua armata, quando il 5 dicembre 1861, a Torino, nell’aula del Parlamento italiano, aveva definito gli stessi suoi garibaldini, furono: «tutti generalmente di origine pessima e per lo più ladra; e tranne poche eccezioni con radici genealogiche nel letamaio della violenza e del delitto».Lo stesso, in una lettera ad Adelaide Cairoli, scrisse: “Gli oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili. Ho la coscienza di non aver fatto del male. Nonostante ciò, non rifarei la via dell’Italia Meridionale, temendo di essere preso a sassate, essendosi là cagionato solo squallore e suscitato solo odio“.
Se Garibaldi venisse processato oggi, gli sarebbero contestati molti reati:
avere invaso, senza alcuna dichiarazione di guerra, un Regno legittimo, sovrano e indipendente provocandone l’annessione a un altro, con notevoli danni morali, civili ed economici per le popolazioni del mezzogiorno.
i delitti contro l’umanità; le violazioni dei diritti fondamentali dei popoli; le stragi, le violenze, i saccheggi e le espoliazioni anche nei confronti di cittadini inermi (delitti, questi, riscontrati nei territori del Regno delle Due Sicilie e nel Sud America).
i tanti casi d’abuso di potere, di malversazione aggravata e continuata, di corruzione, di violazione della legislazione sugli usi civici vigente in Sicilia a danno dei contadini e a favore dei propri seguaci.
Pesanti anche le accuse di persecuzione degli ordini religiosi, l’interruzione e lo smantellamento (senza alcuna adeguata sostituzione) dei servizi scolastici, assistenziali, sociali e sanitari. Servizi di grandissima importanza che, com’è noto, in Sicilia e nel Sud erano gestiti prevalentemente dagli ordini religiosi.
Quello che avete scritto, dovrebbe essere riportato nei libri di Storia